di alessandro robecchi - manifesto 05-09-2004
Vale sempre quello che diceva il vecchio Vonnegut: non c'è niente di intelligente da dire a proposito di un massacro. Solo, forse, che il concetto di scontro di civiltà tanto in voga tra i crociati di entrambe le parti andrebbe rivisto. Non ci sono due civiltà che si ammazzano barbaramente a vicenda (noi contro loro) come piacerebbe a Oriana & Osama, ma i vertici, le élites politiche ed economiche di due schieramenti che ammazzano la gente che sta in mezzo. I ragazzini di Beslan sono la fotografia della situazione: presi in trappola tra due follie contrapposte, tirassegno d'allenamento tra due eserciti stupidi e rozzi come soltanto gli eserciti sanno essere. Di qui l'indipendentista aspirante martire e di là lo zar che non cede e mostra i muscoli: in mezzo rimane il ragazzino osseto, stritolato, innocente, effetto collaterale, briciola inevitabile. Questa volta. Le altre volte erano i pendolari madrileni, gli impiegati di New York, i civili di Falluja, i passeggeri degli autobus di Gerusalemme o degli aeroplani russi, i bambini palestinesi bombardati e chiusi dietro un muro, i ragazzini di Kabul. Ecc. ecc, aggiungete a piacere, riempite qualche riga pure voi di gente innocente che ci lascia la pelle, l'elenco della barbarie è infinito. Dalla Cecenia a Guantanamo, è uno scontro di civiltà? Se ammettiamo questa ipotesi bisogna subito aggiungere un corollario: civiltà comandate da teste di cazzo.
Il (debolissimo) pensiero emergente vorrebbe questo: che si considerasse il mattatoio quotidiano come uno scontro tra occidente e islam, tra buoni che devono difendersi (noi, ovviamente) e cattivi che attaccano (loro). Mentre se si fa la conta dei morti e dei feriti, delle sofferenze e dei traumi, si scopre che ci sono due leadership di pazzi (loro Bush, loro Osama, loro Putin, loro terroristi) contro circa sei miliardi di persone che non c'entrano niente e che temono di finirci in mezzo (noi). Noi che andiamo a scuola o a prendere il treno, o che finiamo per sbaglio sulla traiettoria di un missile o con gli elettrodi attaccati alle palle in una prigione. E' solo un piccolo cambio di prospettiva, uno spostamento della visuale, ma credo che in questo senso sì, sia possibile vedere una reale contrapposizione tra «noi» e «loro»: noi le vittime e loro quelli che sparano, da una parte o dall'altra, circondati da ideologi e consiglieri e affaristi e strateghi della forza furbi come faine, che abitino in una grotta sperduta o in una casa bianca a Washington. Tanto per piccolo esercizio, basta un'occhiata ai manifesti ideologici: i siti più trucidi della Jihad non hanno nulla da insegnare quanto a desiderio di dominio, alle patinate home page dei pensatoi Usa che spiegano e spingono il New American Century. C'è una specularità tra queste due follie, una somiglianza ideologica: da entrambe le parti il pallino è in mano ai falchi, la prevalenza dello stronzo è conclamata in ognuna delle fazioni in lotta. Sei miliardi di moderati guardano attoniti e stanno nel mezzo. Intendo in questo caso per "moderati" tutti quelli che rivendicano come un diritto di non essere ammazzati né da un falco né dall'altro e né da tutti e due come nella scuola di Beslan. Anche altre letture convincono poco. Le democrazie sono sotto attacco, ci dice Mauro su Repubblica. Vero, ma non ci dice quanto virtuali siano queste democrazie. Che se ci fosse stata una vera democrazia in Spagna, in Iraq non ci sarebbero andati, e non avrebbero raccolto duecento cadaveri (nostri!) alla stazione di Atocha. Uguale per l'Italia. Uguale per il Regno Unito di mr. Blair. Se gli americani fossero informati come tutti pensiamo dovremmo essere in una democrazia, saprebbero che Saddam non era Osama e forse si sarebbero opposti alla guerra, chissà, non si sa mai cosa può combinarti la democrazia se per caso ti metti ad applicarla. L'esercizio di cercare chi ha cominciato, che è stato il primo, indagare su chi è stato più stronzo con chi negli ultimi duecento anni, può spiegare molte cose, ma non allontana il mirino da quelli che stanno in mezzo, che siamo noi, parecchi miliardi di scudi umani. Sinceramente, credo che dovremmo cominciare a prenderla proprio come una questione personale, dopotutto è a noi - a noi sei miliardi di ragazzini di Beslan - che queste due bande di stronzi sparano addosso.