un blog morbido

20040428

RONALDINHO by Piccinini

È inutile.
A me piace anche il calcio parlato.
Specie se se ne parla come segue.
RONALDINHO descritto da Alberto Piccinini.

RONALDINHO de Assis Moreira. 23 anni. Fantasista del Barcellona. Detto Gaucho (ma soltanto prima che l'altro Ronaldinho diventasse semplicemente Ronaldo). Questa rubrica, in onore al suo nome, evita i doppioni. Ma qui fa un'eccezione. Avevamo lasciato il cartone animato brasiliano a Parigi, alloggiato in una suite dell'Hilton, sambista e nottambulo instancabile, campione del mondo con tutti i grandi club d'Europa ai suoi piedi. Poi è andata così: all'inizio della stagione il Manchester e il Real Madrid volevano Ronaldinho; il Barcellona invece sperava in Beckham. Alla fine Beck è andato al Real e Ronaldinho, scartata la poco allegra città inglese, ha scelto la dolce Barcellona. Qui non si è fatto mancare niente, a cominciare da una squadra improbabile che è arrivata non si sa come al terzo posto in classifica. Nel frattempo il presidente madridista Florentino Perez commetteva un errore imperdonabile dichiarando di non aver preso Ronaldinho perché era troppo brutto. Troppo brutto? D'accordo, assomiglia a Pippo. Ma in campo è uno spettacolo di genio, pigrizia e freestyle. In Real Madrid-Barcellona domenica scorsa trotterellava accanto all'out di sinistra e quando il suo dirimpettaio Figo gli passava accanto come un treno lui lo guardava con sufficienza. Avrà toccato palla una dozzina di volte in tutta la partita, ma che roba. Slalom lungo tutta l'area e cross impossibile malamente buttato via da Kluivert. Cucchiaio da fermo (proprio come si faceva da bambini nei campetti) a saltare la difesa e deviazione volante di Xavi per il 2-1 (provata in allenamento, pare). E ad ogni tiro, tacco, cross, il segno della croce. Una, due, tre volte.

E' un ragazzo religioso, Ronaldinho. Al punto che quando il mese scorso ha rotto con una pallonata un vetro della cattedrale di Santiago de Compostela dove stava girando uno spot per la Liga, è andato in ginocchio dal vescovo a chiedere scusa. Brutto sì, ma attore efficacissimo negli spot kolossal di Pepsi e Nike, fin da quando la Pepsi gli fece interpretare la parte di uno sfigatissimo bambino destinato dalla famiglia a diventare arbitro (!) che scopriva la sua vera vocazione calciando em bicycleta una lattina caduta dallo scaffale di un supermercato. Così, rivisto negli spot Nike a palleggiare con un pupazzetto animato e, da ultimo, a sfidare la nazionale portoghese nella pancia di uno stadio, Ronaldinho è - al limite - uno che non ha nemmeno bisogno di una squadra per giocare. Forse nemmeno di un campo. Gli basta il pallone.

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